Il fine ultimo del Documento di Valutazione dei Rischi

di Filippo Macaluso

Spesso, mi ritrovo ad esaminare documenti di valutazione dei rischi e non comprenderne lo scopo . . . 



di fronte al Datore di Lavoro che mostra apparente tranquillità per aver adempiuto all'ennesimo ingiusto obbligo, magari aiutato da un amico o da internet che rende disponibili documenti pronti solo da compilare e stampare, mi chiedo: se è sufficiente e se è ciò che chiede il legislatore.

Un documento (il DVR) spesso senza firma, ma con data certa indirizzando il documento in formato PDF con posta certificata. 

Ecco fatto: Missione compiuta, onere svolto a prova di ispettore.

Ma è proprio così?

Mi trovo, a svolgere un corso di formazione, dove le lezioni sono dei momenti di dialogo e di confronto con la base dei lavoratori, ma anche con i livelli gerarchici aziendali, costituiti da dirigenti, responsabili e preposti con ruoli e compiti operativi.

Dalle discussioni emergono che nessuno, almeno la maggior parte dei discenti, ha contezza del DVR.

Nessuno è stato consultato, nessuno è stato coinvolto.

Emergono, perplessità tra i discenti, nel comprendere perché occorre indossare un DPI o come bisogna svolgere un lavoro in sicurezza. 

Emergono contrasti tra i discenti, tra i lavoratori e le figure gerarchiche di livello superiore.

Allora, mi chiedo, perché questo documento fatto così?

Potrebbe essere, paradossalmente, un Documento di valutazione dei rischi, fatto bene, ma se non viene tradotto in concretezza a che serve. Se non viene trasmesso per le cadute applicative a cosa serve. Se non viene applicato e se non viene fatto nulla per applicarlo a cosa serve. Se i lavoratori fanno cose diverse da quanto è riportato nel DVR e se i preposti operativi non vengono informati di come vigilare e come applicare le misure di prevenzione e protezione previste, a cosa può servire un DVR ben fatto?

Di situazioni di questo tipo ormai, purtroppo, ne riscontro veramente tante. Quasi sono diventate, nei contesti in cui lavoro, consuetudini, e mi rammarico perché spesso le aziende sono assistiti da società di consulenza/RSPP esterni che non riescono ad incidere sui cambiamenti aziendali per migliorare queste situazioni.

Quale sia lo scopo del documento di valutazione dei rischi, anche dopo le ultime sentenze di cassazione, è chiaro.

Il legislatore lo esplicita, nel D.Lgs. 81/08, art. 28, comma 2, lett. a): <omissis> . . . La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione.

Tutto qua! non c'è altro da dire.

Filippo Macaluso

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Commenti: 1
  • #1

    Giuseppe (lunedì, 08 giugno 2015 22:53)

    Sono in linea con l'autore dell'articolo, ma purtroppo ci si scontra con l'assoluta piccolezza di aziende piccole e grandi, piccolezza negli intenti e nelle finalità che si sono prefissate.
    La sicurezza è sintomo di serietà e di crescita aziendale. La tutela dei propri dipendenti significa voler bene alla propria azienda, sposare un progetto che possa portare la propria attività lavorativa ad essere da esempio da perseguire.
    La ricerca di società che, legate ad un sistema clientelare di affiliazione politico-sindacale, per il solo intento di essere in "regola" si chinano a DVR, a corsi di formazione e ad altri abominevoli interventi è da crimine.
    Non so se siano più gravi le colpe del Datore di Lavoro o di chi si presta a fare gli interessi di quest'ultimo compiacendo sugli obblighi legislativi. Scusate, ma fanno schifo tutti e due.
    La sicurezza è un diritto dei lavoratori, un dovere per il Datore di Lavoro, ma soprattutto è ONESTA'.
    Smettiamola con l'alibi della crisi, anche perchè, finchè non succede nulla al massimo possiamo fare i conti con la propria dignità, ma se succede qualcosa sicuramente faremmo i conti con la magistratura e allora questo potrebbe veramente crearci problemi seri per la vita dell'azienda stessa oltre che per la vita personale.
    Bisogna scegliere nella vita cosa fare, scegliere le eccellenze senza chinarsi a inciuci di palazzo, mettendo in primo piano il vero motore delle proprie aziende: I LAVORATORI.